1923
La corsa si svolse all’insegna della superiorità di Girardengo che vinse otto tappe su dieci, anche se al termine il vantaggio su Brunero fu ancora più esiguo di quello avuto da quest’ultimo nel 1921 sul secondo classificato: solo 37”. Tra gli isolati si affermò uno sconosciuto di nome Bottecchia che presto si sarebbe posto all’attenzione del mondo intero come dominatore del Tour de France.
Curiosità
Il montepremi raggiunse la ragguardevole cifra di lire 100.000 grazie alle sponsorizzazioni di alcuni settori dell’industria. Tra l’altro l’Alfa Romeo fornì alla Direzione una potente auto a sei cilindri che fece bella mostra di sé lungo gli oltre tremila chilometri del percorso.
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1924
A causa di contrasti tra l’industria ciclistica e La Gazzetta, l’industria dei cicli decise di non partecipare alla corsa e quindi i corridori con contratto non si allinearono alla partenza. La partecipazione fu riservata ai soli corridori della categoria “isolati”. Il Giro, che si spinse più a sud arrivando fino a Taranto, fu ugualmente avvincente e combattuto, anche se mancavano gli “assi” e per il secondo anno consecutivo erano assenti gli stranieri. Il Giro fu vinto da Enrici già 3° nel 1923, seguito da Gay e Gabrielli.
Curiosità
Episodio unico nella storia del Giro: con il n. 72 gareggiò una ragazza della provincia bolognese, Alfonsina Strada, che rimase in gara fino a Perugia dove per guai fisici arrivò fuori tempo massimo. Ma proseguì fuori classifica fino a Milano, suscitando ammirazione e consensi.
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1925
Dopo lunghe trattative, furono in gran parte risolte le divergenze con le Case costruttrici di biciclette, che così ritornarono al Giro con l’eccezione di Bianchi e Maino. Insieme a loro tornarono anche gli “assi”. Il 1925 segnò l’esordio di Alfredo Binda che, al primo tentativo, conquistò il Giro mettendo in fila i dominatori del dopoguerra e cioè Girardengo, che si aggiudicò comunque sei tappe, Brunero e Belloni.
Curiosità
La corsa fu considerata “individuale” a tutti gli effetti: era infatti vietato ogni reciproco aiuto tra concorrenti ed anche da terzi estranei. Né fu prevista una classifica per squadre. Per il terzo anno consecutivo non furono al via corridori stranieri, inaugurando così un lungo periodo di autarchia che durerà fino all’inizio degli anni ’50, collegato alla stagione politica che isolò l’Italia dal resto del mondo.
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1926
Nel 1926 si prevedeva un duello tra i vecchi assi e le nuove leve con in primis Binda. Una rovinosa caduta di quest’ultimo nella prima tappa e il rendimento incostante di Girardengo, poi costretto al ritiro in Abruzzo, favorirono la regolarità di Brunero che vinse il Giro. Binda si riprese e arrivò secondo davanti a Bresciani.
Curiosità
Tra i partenti si registrò la presenza di Giuseppe Ticozzelli, calciatore per diverse volte terzino titolare della Nazionale, che, per scommessa, decise di tentare questa nuova avventura. Il maltempo imperversò nei primi giorni e così dei 205 partenti solo 40 si presentarono al Velodromo Sempione, che ormai fin dal 1921 era diventato l’epilogo del Giro.
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1927
Le giornate di corsa passarono da 12 a 15 e la lunghezza di alcune tappe fu accorciata nella speranza di rendere più combattiva la corsa. Il Giro del ’27 fu un monologo: Binda vinse 12 tappe su 15 e conquistò il primo posto davanti a Brunero e Negrini. Nonostante questo, il pubblico si appassionò e si esaltò.
Curiosità
Si ingrossarono le fila degli isolati, chiamati “diseredati” e per sostenerli La Gazzetta si affidò ad una sottoscrizione tra gli sportivi e gli appassionati, alla quale rispose anche l’On. Benito Mussolini con un premio di 25.000 lire.
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1928
Le tappe furono un affare privato tra Binda e Piemontesi: sei al primo e cinque al secondo. La superiorità di Alfredo Binda in salita, mai messa in discussione, si concretizzò in un cospicuo vantaggio in classifica generale fin dalle prime asperità appenniniche chiudendo ogni discorso sulla leadership. Il Giro del ’28 si chiuse quindi con la vittoria di Binda davanti a Pancera e Aimo.
Curiosità
Fu record di iscrizioni (364) e di partenti (298) nel 1928. Ritornarono timidamente i corridori stranieri dopo sei anni di assenza. Il Regolamento per la prima volta fissò un abbuono di un minuto al vincitore di tappa, da conteggiare nella classifica generale. Si usarono le borracce di alluminio, riducendo l’utilizzo delle bottiglie in vetro che una volta svuotate venivano buttate lungo le strade, creando pericoli.
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1929
Il 1929 vide un’inedita partenza da Roma e si sviluppò quasi completamente al Sud. Alfredo Binda vinse in modo netto davanti a Piemontesi e Frascarelli. Inanellò otto vittorie consecutive togliendo alla corsa ogni interesse e il Giro risultò quasi rassegnato e addormentato. Questo fu poi alla base della incredibile decisione di escludere Binda dal Giro del 1930.
Curiosità
La superiorità di Binda fu tale che il pubblico, poco attento e annoiato, all’arrivo a Milano non gli tributò il meritato applauso anzi al momento della premiazione lo fischiò. Drammatico fu il ritiro di Belloni: investì un bambino che restò esanime a terra e il “Tano”, piangente e disperato, non se la sentì di proseguire la corsa.
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1930
Per fronteggiare la schiacciante superiorità di Binda, non accettata dal pubblico e dalle giovani leve, La Gazzetta dello Sport si inventò la formula della corsa ad invito e non invitò Binda. Il Giro si spinse ancora più a Sud e fissò la partenza dalla Sicilia. I giovani non vennero meno alle attese: ci fu gran battaglia e alla fine prevalse il giovane Marchisio su Luigi Giacobbe e Allegro Grandi.
Curiosità
Per zittire le proteste di Binda escluso dal Giro, gli organizzatori dovettero trovare un rimedio che si concretizzò in un compenso di lire 22.500, pari al premio di classifica del vincitore del Giro. Marchisio a Catania fu colpito ad un occhio da una scheggia di pietra vulcanica e fu costretto a correre tutto il Giro con l’occhio bendato.
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1931
L’inizio del Giro vide la lotta tra i due maggiori pretendenti alla vittoria finale, Guerra e Binda, ma quest’ultimo, nel convulso arrivo a Roma, cadde in volata e fu costretto al ritiro. Guerra vinse le tappe di Perugia e Montecatini, ma nella tappa di Genova fu vittima di uno spettatore e dovette dare l’addio alla Maglia Rosa. Alla fine tre piemontesi salirono sul podio: Camusso, Giacobbe e Marchisio.
Curiosità
Il 9 maggio 1931 La Gazzetta annunciò l’istituzione della Maglia Rosa, che, tappa per tappa, sarebbe stata indossata dal corridore primo in classifica del Giro. Il colore naturalmente era dettato dalla carta del giornale inventore ed organizzatore della corsa. Critiche furono avanzate da alcuni Gerarchi del Partito Fascista che non vedevano riprodotto, nel delicato colore della maglia, il forte carattere delle popolazioni italiche. La prima Maglia Rosa andò a Learco Guerra che la conquistò nella sua Mantova il 10 maggio 1931.
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1932
Il Giro del ventennale presentò finalmente un campo di partenti di qualità con rappresentanti stranieri di alto livello come Antonin Magne, vincitore del Tour 1931, il tedesco Herman Buse, che fu il primo straniero a conquistare la Maglia Rosa, e il belga Demuysere, già secondo al Tour. Binda e Guerra, i grandi protagonisti di quegli anni, non furono mai in gara. Alla fine vinse Pesenti, seguito da Demuysere e Bertoni.
Curiosità
All’Arena di Milano, la radio nazionale mandò in onda la prima radiocronaca dell’arrivo. Il radiocronista, Nello Corradi, senza avere il supporto delle notizie della corsa, dovette nelle due ore di trasmissione inventarsi mille espedienti per rendere interessante la trasmissione.